Organizzata dalla biblioteca di Papozze, su sollecitazione in
particolare della signora Luigina Salvan si è svolto presso la trattoria un incontro conviviale
per ricordare Maria Cristina
Russo, spentasi recentemente, per molti anni docente presso il Cipriani di
Adria. Numerosi gli insegnanti
intervenuti che mai avevano
sospettato che la collega così schiva, discreta e silenziosa coltivasse la
passione della poesia giungendo alla
pubblicazione di varie raccolte.
Maria Cristina Russo, nata a Rovigo
nel 1947, madre rodigina, era
figlia di Salvatore Russo, segretario
comunale in parecchi paesi del Polesine: Bosaro, Pontecchio, Rosolina, Stienta,
San Martino di Venezze, Gaiba, Castelguglielmo. Nel 1965, il padre decide di
ritornare in Sicilia da dove proveniva, e Maria Cristina completa a Catania
prima il Liceo e poi l’Università. Nel 1979, ritorna in Polesine, ma – come ha
affermato Fulvio Barion- causa una educazione severa “donna esile e minuta si chiude sempre più in
se stessa, lasciando fuori per estrema difesa un mondo che non le sarebbe mai potuto appartenere”. A
ciò si aggiunga la morte del fratello gemello Simone che la segna
in modo indelebile.
Naturalmente la sua poesia ne
risente in modo chiaro e preciso come hanno avuto modo di precisare Erminio Colò e Paolo Rigoni che hanno analizzato i testi
che a i colleghi andavano a turno interpretando. Una poesia dominata dalla tristezza, dal
dolore e dalla incapacità di
affrontare una vita che si è rivelata crudele con lei. Una
poesia che si gioca sempre sull’opposizione
di ciò che sarebbe potuto essere e non è stato, tra sogno e realtà, filo conduttore che se può considerarsi scontato è però sorretto da
uno stile elevato, con un uso sapiente delle figure retoriche, della scansione
metrica e da un registro linguistico appropriato e ricercato. Insomma Maria Cristina postuma è stata una vera
sorpresa, tanto più gradita quanto insospettata.
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