Dopo le chiusure legate al Covid finalmente si riapre, come nostra abitudine ormai da più di vent’anni, con mostre e appuntamenti a tema fisso: il Po!
Siamo entusiasti, in questo appuntamento, di accompagnarvi a conoscere i lavori di un giovane artista che si esprime con una tecnica classica come l’incisione, un mezzo artistico capace di affascinare l’osservatore sensibile che può scorgere nei segni tracciati sulla lastra il rapporto tra emozione e percezione.
A presentare i lavori di Samuel Moretti sarà l’altrettanto giovane divulgatore d’arte Filippo Donati.
Nel corso degli anni Filippo Donati recensisce numerose mostre in Italia, fra cui alcune edizioni della Biennale di Venezia. Si occupa anche della redazione di itinerari turistico-culturali.
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“Spazi dove la mente corre, in cui il pensiero sfiora l'orizzonte”, rivela Moretti, fra i pochi ad abitare il delta da generazioni, sospeso in un paesaggio che può mutare irrimediabilmente in una nottata. I territori su cui vive sono stati fiume e mare: quello del delta è un paesaggio in eterno cambiamento, popolato di golene, di isole che nascono e scompaiono nell'arco di una stagione migratoria, di una nidificazione, o talvolta dal tramonto al mattino.
Nell'estetica di Moretti tocca dunque al mare restituire quella verità che il fiume, portandola via, ha solo sfiorato; i tronchi spiaggiati a riva sono “gli ultimi elementi dell'estremo paesaggio”, creature marine di colore bianco, sulle quali è fissata per un istante fuori dal tempo la marcia degli elementi lungo miliardi di anni.
Per Moretti questo è “il prima della fine”, il capitolo terminale di un ciclo vitale, in attesa che cada l'ultimo legame che tiene assieme carbonio, idrogeno e azoto. Il salvataggio di questa reliquia è possibile solo attraverso quegli ulteriori passaggi di materia che scandiscono le fasi dell'incisione. Fratture nella linearità che senza increspature hanno condotto quegli alberi dalle foreste delle Alpi al mondo a due dimensioni del delta.
Nel paesaggio più aleatorio d'Italia per migliaia di anni l'uomo ha cercato certezze, a partire da quegli etruschi che popolarono le antiche Adria e Spina, passando per l'impero di terre dei romani a quello d'acque dei veneziani, fino ad arrivare alle bonifiche che mai come prima hanno modificato il territorio, al punto da sorprendere Gianni Celati con un “nuovo genere di campagne dove si respira un’aria di solitudine urbana”, come testimoniò nel suo Verso la foce.
Gianpaolo Gasparetto
Samuel Moretti nasce ad Argenta nel 1980. Intraprende gli studi musicali diplomandosi nel 2010 in Strumenti a percussione presso il Conservatorio di Musica “G. Frescobaldi” di Ferrara. La frequentazione di artisti come Pietro Lenzini lo avvicina al mondo dell’arte, stimolandolo ad accingersi alla pratica incisoria e pittorica. Vive a Mesola.
Ha partecipato ad esposizioni personali e collettive, e workshop con artisti internazionali; fra le quali ricordiamo: “A ferro e fuoco”, Galleria d’Arte Zamenhof, Milano 2011; “Premio Roberto Zambelli”, Torre Strozzi, Perugia 2016; “Di memorie e ombre”, Ancona 2017;”Art Prize”, San Miniato 2019; “Premio Michelangelo Antonioni”, Ferrara 2020;”La libertà dello sguardo e la persistenza delle emozioni”, Galleria del Carbone, Ferrara 2020; “Spazi del silenzio”, Bottega Bertaccini, Faenza 2020; “Via Crucis”, Monastero di Sant’Umiltà, Faenza 2020; “Ferrara in Numberg”, Galleria Der Kreis, Norimberga 2021; “Forme silenti”, Galleria della Molinella, Faenza 2021.
Recensione di Filippo Donati:
Estreme reliquie di paesaggio
E' la sintesi materica della lotta fra terra, acqua dolce e mare aperto quella che traspare dalle incisioni di Samuel Moretti.
Il corpo a corpo tra lastra e puntasecca, il fluire dell'inchiostro tra le maglie del carborundum, danno forma ai frammenti di voce udibili qui e là sul delta del Po, tra lo scorrere del fiume e l'avanzata inesorabile del mare, il fruscio della vegetazione e i battiti d'ali.
“Spazi dove la mente corre, in cui il pensiero sfiora l'orizzonte”, rivela Moretti, fra i pochi ad abitare il delta da generazioni, sospeso in un paesaggio che può mutare irrimediabilmente in una nottata. I territori su cui vive sono stati fiume e mare: quello del delta è un paesaggio in eterno cambiamento, popolato di golene, di isole che nascono e scompaiono nell'arco di una stagione migratoria, di una nidificazione, o talvolta dal tramonto al mattino.
Nell'estetica di Moretti tocca dunque al mare restituire quella verità che il fiume, portandola via, ha solo sfiorato; i tronchi spiaggiati a riva sono “gli ultimi elementi dell'estremo paesaggio”, creature marine di colore bianco, sulle quali è fissata per un istante fuori dal tempo la marcia degli elementi lungo miliardi di anni.
Per Moretti questo è “il prima della fine”, il capitolo terminale di un ciclo vitale, in attesa che cada l'ultimo legame che tiene assieme carbonio, idrogeno e azoto. Il salvataggio di questa reliquia è possibile solo attraverso quegli ulteriori passaggi di materia che scandiscono le fasi dell'incisione. Fratture nella linearità che senza increspature hanno condotto quegli alberi dalle foreste delle Alpi al mondo a due dimensioni del delta.
Nel paesaggio più aleatorio d'Italia per migliaia di anni l'uomo ha cercato certezze, a partire da quegli etruschi che popolarono le antiche Adria e Spina, passando per l'impero di terre dei romani a quello d'acque dei veneziani, fino ad arrivare alle bonifiche che mai come prima hanno modificato il territorio, al punto da sorprendere Gianni Celati con un “nuovo genere di campagne dove si respira un’aria di solitudine urbana”, come testimoniò nel suo Verso la foce.
Eppure, camminando sul limitare delle golene e nelle strisce di sabbia su cui si muove Moretti, emerge netta la sensazione che tutto sia comunque condannato alla provvisorietà, che il moto delle idrovore non sia perpetuo, che come sono svaniti gli imperi così possano essere sommerse anche le loro capitali e che tutto questo finisca un giorno portato via dal fiume, ma restituito poi a riva con addosso solo la verità ultima.
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