mercoledì 15 giugno 2022

ADRIA, CITTÀ CHE LEGGE STORIE MULTICULTURALI.

Nel porgere il suo saluto, il sindaco Omar Barbierato ha  riferito sulla sua esperienza di insegnante a Porto Maggiore dove più della metà di studenti erano pachistani e dove ha conosciuto le difficoltà dei ragazzi di ottenere il riconoscimento del loro status di cittadini e i problemi di trovare un proprio equilibrio tra la cultura degli amici e quella di origine in un percorso di crescita e confronto

 

Antonio Giolo, referente della Biblioteca comunale, ha affermato che “spesso parliamo di immigrazione noi italiani, ma poche volte sentiamo i racconti di chi dal di dentro l’ha vissuta e la vive. La cultura è un forte elemento di integrazione, anche perché ci sono dei nessi tra le culture”.

 

Unanime il volere del Sindaco, del Vice Sindaco Wilma Moda, della consigliera Oriana Trombin e del referente della Biblioteca Antonio Giolo nel  potenziare la presenza di libri di stranieri in biblioteca Comunale, per farla diventare  una biblioteca sempre più multiculturale.

 

Sollecitata dalle domande della presidente della commissione per le pari opportunità e contro le discriminazioni Rosanna Stocco, Itohan Enehikhare ha presentato la sua storia di emancipazione femminile, raccontando della sua vita, prima in Nigeria, e poi dai diciotto anni in Italia dove vive da oltre 25 anni. Venendo in Italia, Itohan  ha trovato una situazione diversa da quella che pensava, da quella che le avevano fatto credere: era tutto un altro mondo. 


Prima tutti neri, poi qui tutti bianchi, da 40 gradi a zero gradi. Ha capito che doveva imparare la lingua, e adattarsi alla nuova situazione. L’ha aiutata l’essere credente e gli insegnamenti della madre che l’ha educata a non rinunciare mai ai suoi valori.” Tante le diversità tra l’Africa e l’Italia. In Africa è forte il valore della famiglia. Ci si aiuta tanto. Si è felici con poco. Dice ai suoi figli quando sprecano “bisognerebbe portarvi  un po’ in Africa, così avreste il senso dell’importanza delle cose. Là c’è tanta musica, dalla mattina alla sera, qua alle 9 di sera le persone sono già tutte chiuse in casa. In Africa si balla e si canta. 


Qui c’è più ordine, più regole”. Quando è in Africa le manca l’Italia, quando è in Italia le manca l’Africa. Ha affermato che se potesse metterebbe insieme i due modi di vivere. Però non pensa di tornare in Nigeria, ormai là dovrebbe iniziare da capo perché si è adattata e si sente italiana, e ama gli Italiani; non ha mai sofferto di situazioni di discriminazione. “Mi sento a casa mia, una di voi. La mia vita è qua. Ho solo la mamma là,  i miei cinque fratelli sono tutti qua. I figli sono grandi, oltre i 20 anni, non sentono la diversità, non la vivono come problema, nella loro pagina Istagram hanno la bandiera italiana e la bandiera nigeriana. Sono curiosi dei racconti della nonna”.


Per il futuro Itohan  sogna di aprire un centro di prima accoglienza per le donne vittime di abusi e di violenza.” Come qualcuno mi ha aiutato in Africa così voglio aiutare altri”.

 

 

Coinvolgenti sono state anche  le testimonianze di    Xiaoou Qiu, Yasser Hermes e Shanaz.

Xiaoou Qiu, immigrata di seconda generazione, ha spiegato come i suoi genitori si siano spostati per motivi economici, perché tutti dicevano loro che in Italia c’è lavoro, benessere; allora la Cina era più povera. Sono venuti, perciò, per migliorare la loro condizione. Non sapevano niente, anche adesso hanno difficoltà con la lingua. 


E’ stato difficile per lei barcamenarsi tra le scuola e la famiglia, per le diversità di cultura. E’ tornata in Cina a 16 anni, ma non capiva quasi niente, è stato difficile per la lingua. Adesso per lei non è facile vivere la doppia identità, perché per gli italiani è  troppo cinese, per i cinesi è troppo italiana; e allora ha deciso di essere se stessa e di costruire una propria vita.

 

Yasser Hermes, di 23 anni, in Italia da 18 anni, ha raccontato come quando è arrivato in Italia si sentisse  spaesato; è stato difficile all’inizio. Le maestre lo hanno aiutato, e un po’ alla volta è riuscito a capire la nuova cultura. Poi ha conosciuto il Centro Studi Agnese Baggio e ha frequentato il doposcuola. Ora sta finendo l’Università, e fa il mediatore culturale, rivivendo quello che ha passato al suo arrivo in Italia. Gli è stato consigliato che più che insegnare deve far sentire a casa propria i ragazzi immigrati, aiutandoli a non aver paura.

 

Shanaz, infine, ha ricordato di essere uscita dal suo paese perché, dopo la rivoluzione, le mancava l’aria. Come gli altri studenti iraniani si è data da fare per i diritti delle donne; ma il regime ha chiuso tutte le università per un anno e ha risposto agli studenti che occupavano l’università con l’arresto e quattro anni di carcere. Venendo in Italia, Shanaz ha scoperto come i principi di tutte le culture si assomiglino. Ha lottato contro chi era razzista, ma non ha avuto problemi con la popolazione ma con la classe dirigente, che ancora impedisce a ragazzi come quelli che sono intervenuti di votare, di essere pienamente cittadini.

 

 

Alla fine a Itohan è stato donato un mazzo di fiori e il Numero unico della Pro loco sulla storia di Adria.




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