Una lezione esemplare e dettagliata sul canto III del Paradiso, quella tenuta da Gioia Beltrame nella sala del Caminetto del Liceo Scientifico di Adria, per gli studenti in presenza e collegati via streaming.
A portare il saluto dell’Amministrazione comunale la consigliera Oriana Trombin, che si è complimentata per l’ incontro, che ha permesso di celebrare degnamente il Dantedì ad Adria.
Ad introdurre la relatrice, il referente della Biblioteca comunale, Antonio Giolo, che ha affermato come Dante, sia il più grande poeta Italiano, esperto in umanità, che ha saputo raccontare tante vicende umane e soprattutto i sentimenti e i problemi più profondi nei diversi ambiti della vita, come la religione, nella politica, nell’arte, nella filosofia e nel costume.
Nella sua esposizione Gioia Beltrame ha spiegato che Dante Alighieri nel suo viaggio nell’aldilà, incontra un centinaio di donne, alcune dannate nell’Inferno, altre in espiazione nel Purgatorio, ma la maggior parte nel Paradiso.
Dante conosceva bene Piccarda Donati, di lei racconta come avesse fatto la scelta di diventare suora ma poi dal fratello Corso Donati fosse stata costretta a sposare un uomo violento, Rossellino della Tosa. Dante colloca Piccarda nel cielo della Luna, che nel Paradiso è il primo cielo, quello più lontano da Dio, perché lei e un’altra donna, Costanza d’Altavilla, che ha vissuto la medesima vicenda, secondo Dante non hanno avuto abbastanza forza di volontà per sottrarsi alla costrizione imposta loro da “uomini… a mal più ch’a ben usi”. Dante cita come esempi di eroismo due uomini, San Lorenzo, che ha affrontato la graticola, e Muzio Scevola, che ha bruciato la mano che aveva fallito l’uccisione di Porsenna, dimostrando qualche debito verso il maschilismo del Medio Evo.
La relatrice ha proseguito delineando con una grande ricchezza di riferimenti la condizione di allora della donna, che veniva fin da bambina discriminata, costretta a essere promessa sposa dall’età di 7 anni e sposa da 11, mentre per il matrimonio degli uomini si partiva da 14 anni. Donna usata dalle famiglie più importanti come merce di scambio, esclusa dalla cultura, e indirizzata al ruolo di madre sottomessa al marito, spesso molto più vecchio di lei. In tale contesto la condizione di vedova era vissuta come una liberazione, e la stessa vita in convento spesso diventava una forma di emancipazione, avendo la monaca una sua cella e la possibilità di incontrare le consorelle nel chiostro. La prof.ssa ha terminato la sua relazione facendo notare come nella cultura del nostro passato sono state vissute dalle donne le condizioni di disparità rispetto agli uomini e di vera e propria oppressione, che oggi cerchiamo di combattere perché ancora sopravvivono in certe parti del mondo.
Il prossimo appuntamento sulla divina commedia è previsto alle 17.30 di lunedì 28 marzo in sala consiliare. Un’occasione in cui il professor Carlo Folchini, relazionerà sul Canto XI del Paradiso, che parlerà di San Francesco e di San Tommaso.
A portare il saluto dell’Amministrazione comunale la consigliera Oriana Trombin, che si è complimentata per l’ incontro, che ha permesso di celebrare degnamente il Dantedì ad Adria.
Ad introdurre la relatrice, il referente della Biblioteca comunale, Antonio Giolo, che ha affermato come Dante, sia il più grande poeta Italiano, esperto in umanità, che ha saputo raccontare tante vicende umane e soprattutto i sentimenti e i problemi più profondi nei diversi ambiti della vita, come la religione, nella politica, nell’arte, nella filosofia e nel costume.
Nella sua esposizione Gioia Beltrame ha spiegato che Dante Alighieri nel suo viaggio nell’aldilà, incontra un centinaio di donne, alcune dannate nell’Inferno, altre in espiazione nel Purgatorio, ma la maggior parte nel Paradiso.
Dante conosceva bene Piccarda Donati, di lei racconta come avesse fatto la scelta di diventare suora ma poi dal fratello Corso Donati fosse stata costretta a sposare un uomo violento, Rossellino della Tosa. Dante colloca Piccarda nel cielo della Luna, che nel Paradiso è il primo cielo, quello più lontano da Dio, perché lei e un’altra donna, Costanza d’Altavilla, che ha vissuto la medesima vicenda, secondo Dante non hanno avuto abbastanza forza di volontà per sottrarsi alla costrizione imposta loro da “uomini… a mal più ch’a ben usi”. Dante cita come esempi di eroismo due uomini, San Lorenzo, che ha affrontato la graticola, e Muzio Scevola, che ha bruciato la mano che aveva fallito l’uccisione di Porsenna, dimostrando qualche debito verso il maschilismo del Medio Evo.
La relatrice ha proseguito delineando con una grande ricchezza di riferimenti la condizione di allora della donna, che veniva fin da bambina discriminata, costretta a essere promessa sposa dall’età di 7 anni e sposa da 11, mentre per il matrimonio degli uomini si partiva da 14 anni. Donna usata dalle famiglie più importanti come merce di scambio, esclusa dalla cultura, e indirizzata al ruolo di madre sottomessa al marito, spesso molto più vecchio di lei. In tale contesto la condizione di vedova era vissuta come una liberazione, e la stessa vita in convento spesso diventava una forma di emancipazione, avendo la monaca una sua cella e la possibilità di incontrare le consorelle nel chiostro. La prof.ssa ha terminato la sua relazione facendo notare come nella cultura del nostro passato sono state vissute dalle donne le condizioni di disparità rispetto agli uomini e di vera e propria oppressione, che oggi cerchiamo di combattere perché ancora sopravvivono in certe parti del mondo.
Il prossimo appuntamento sulla divina commedia è previsto alle 17.30 di lunedì 28 marzo in sala consiliare. Un’occasione in cui il professor Carlo Folchini, relazionerà sul Canto XI del Paradiso, che parlerà di San Francesco e di San Tommaso.
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